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STUDIO INAPP SU MISMATCH E SKILL DIGITALI
‘Rapporto Plus 2023’ dell’Inapp: centralità alle competenze digitali nel mercato del lavoro e ad una formazione efficace. Il direttore Rossella Spada: «Coerenza con la nostra programmazione, leva strategica per le carriere personali e l’economia territoriale»
La centralità delle competenze digitali nel mercato del lavoro, e una formazione affine capace di accompagnare le persone con continuità, costituiscono uno dei punti fondamentali del ‘Rapporto Plus 2023’ redatto dall’Inapp. Lo studio utilizza le banche dati dell’Indagine biennale Plus (Particpiation Labour Unemployment Survey) che fa parte del Programma statistico nazionale e che viene elaborata sulla base di un campione di 45mila persone tra i 18 e i 74 anni.
Il campione viene sondato attraverso un questionario con lo scopo di comprendere il quadro contemporaneo del lavoro offrendo, in prospettiva, letture di miglioramento ai fini di una crescita dell’occupabilità.
Il capitolo dello studio dal titolo ‘Educational e skill mismatch, formazione, competenze digitali e uso dei social’ pone come fattore primario “l’utilità della partecipazione ad attività formative” in riferimento “al tema delle competenze digitali specialistiche” per favorire la crescita occupazionale e la competitività delle aziende.
Dopo un affondo iniziale sulle tematiche dell’overskilling e dell’overeducation nel quale il problema del disallineamento viene presentato sulla base del punto di vista del lavoratore, sia in riferimento al titolo di studio sia riferimento all’abilità, l’analisi si concentra sulla stretta relazione tra attività formative, occupabilità e acquisizione delle nuove competenze o il miglioramento di quelle esistenti.
«Il possesso delle competenze digitali da parte delle persone occupate ma anche da parte delle persone che sono in cerca di un’occupazione – si legge nel documento pubblicato sulla rivista dell’Inapp – non solo rappresenta una sorta di asset strategico per l’individuo stesso ma si riverberano in maniera positiva anche nel territorio in cui si vive perché potrebbero permettere, almeno in ipotesi, la diffusione di attività imprenditoriali innovative, ad esempio delle start-up».
«Quando stiliamo la programmazione annuale – spiega il direttore di Formazienda Rossella Spada – e poi ne diamo seguito anche nelle tematiche dei singoli avvisi pubblici la formazione alla digitalizzazione costituisce una priorità. Il fatto che lo studio dell’Inapp metta in correlazione l’importanza di questa skills in rapporto non solo al percorso individuale ma anche allo sviluppo territoriale è un segnale di coerenza e sintonia con le nostre iniziative di finanziamento che sono sempre di natura sistematica. Per noi è molto importante soddisfare in modo flessibile e personalizzato il fabbisogno formativo della singola azienda ma tentiamo sempre di generare premialità di rete».
Nel target delle imprese sono quelle con 250 e oltre i dipendenti ad offrire l’ambiente organizzativo in cui maggiormente viene svolta l’attività formativa ma, analizzando il questionario dei dipendenti, risulta che sono soprattutto le persone inquadrate in organizzazioni di minori dimensioni ad attribuire una maggiore utilità alla formazione continua ai fini del miglioramento professionale. L’uso dei social, in relazione al lavoro, è ancora limitato e riguarda principalmente chi opera con finalità commerciali.
«Formazienda . aggiunge il direttore – ha avuto un ruolo storico e per certi versi pioneristico nel promuovere lo strumento della formazione continua presso la categoria delle Pmi. Abbiamo lavorato e ottenuto molto in questi anni in termini di partecipazione e coinvolgimento. Ci siamo messi in ascolto puntando ad erogare azioni di finanziamento snelle, abbordabili, rapide. Ciò che spaventa le Pmi è la burocrazia. Questo legame non ci ha impedito, però, di crescere anche sul fronte delle medie e grandi imprese ma applicando sempre la medesima logica dell’ascolto e dell’immedesimazione. Certamente le competenze digitali rappresentano un valore prioritario e trasversale per tutti i contesti di lavoro, a prescindere dalle dimensioni, e il contributo dei fondi interprofessionali ai fini della sostenibilità della formazione è un vantaggio innegabile. Si tratta, infatti, di una formazione finanziata che spetta di diritto e non viene a ridurre né il reddito né il budget delle aziende. Alti livelli di competenze digitali, secondo lo studio dell’Inapp, coincidono con l’appartenenza a elevate fasce di reddito. I fondi interprofessionali, finanziando la formazione digitale, si qualificano come attori insostituibili per incentivare l’occupabilità, la crescita professionale individuale, lo sviluppo socioeconomico dei territori e di tutto il Paese».